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Torino, Giulio Einaudi Editore, 1943-XXI. In-8° (21,5 cm x 15,5 cm). Pp. 176, 1 c.b., (2). Brossura editoriale a stampa illustrata da una vignetta incisa al centro del piatto anteriore. Esemplare in stato di conservazione molto buono.
Prima edizione Einaudi, dopo l’ edizione del 1920, di questa raccolta ispirata alle vicende della grande Guerra, l’ opera in prosa più famosa del poeta e scrittore genovese. Jahier partì volontario, sottotenente e poi tenente della milizia territoriale nel corpo degli alpini, uomini in cui avrebbe poi visto incarnato il mito della “guerra democratica e rivoluzionaria” atto finale del Risorgimento italiano, riversando questa sua esperienza proprio nel diario “Con me e con gli alpini”. Vi racconta la dura realtà della trincea e il sacrificio dei soldati, esprimendo anche l’ amore genuino per il popolo, che l’ aveva spinto a partecipare alla guerra: “per far compagnia a questo popolo digiuno che non sa perché va a morire”. Aveva voluto guadagnarsi uno spazio tra “questo popolo illetterato che non prepara guerre perché di miseria ha campato”, in particolare quello delle montagne, identificando negli alpini la rappresentazione della totalità dell’ esercito. “La lettura di Jahier, le pagine sul soldato Somacal, facevano riflettere più d’ uno nella comparazione tra lo stato d’ animo con cui la vecchia Italia contadina aveva affrontato quella guerra in grigioverde e ora il disagio per questa guerra in camicia nera”. “In queste pagine non si tratta di ripensare a distanza, quanto di comprendere e giudicare, secondo coscienza, la vita militare e l'effettiva risposta nel comportamento dell'uomo ai compiti che gli toccano o che egli si assume. Risulta poi chiaro alla coscienza che la legge morale del dovere e dell'amore ritrova, nelle supreme circostanze della guerra, la sua applicabilità attraverso le regole esterne della disciplina. Una forte carica sentimentale, resa anche drammatica dalle circostanze, è insita nei rapporti del poeta coi suoi soldati: ciò che contribuisce a fare di quest'opera anche un documento vivissimo dell'umanità di Jahier” (Mondadori, 1959, II, p. 915).