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Taurini, in Alma Taurini Universitatae, per Magister Nicolaus de Benedictis, 1516 die vero XVI Februarij. In-Folio Grande (40 cm x 28 cm). Carte, CCCCXXIIII, [28], XLVI, (1). Segnatura: a-z8 A-2G8 3a-3b8 3c10 2A-2F8. Colophon alla c. 2g8(r). Imponente legatura settecentesca in piena pergamena rigida, autore e titolo manoscritti sul dorso a 4 nervi (piatto posteriore e dorso del '700, piatto anteriore probabilmente inserito nel '900). Frontespizio e testo stampati in rosso e nero. Testo su due colonne e 47 linee racchiuso entro una doppia glossa a tenaglia. Grandi iniziali xilografate. Al verso del frontespizio, una magnifica xilografia (24 cm x 20 cm) a tre quarti di pagina, raffigura centralmente Graziano intento a spiegare il libro ad una ricca platea di vescovi, alti prelati e chierici entro una cornice architettonica Gotica in cui sono raffigurati Profeti, Evangelisti e Padri della Chiesa. Tre eleganti ex-libris di varie epoche ('500 e '600) manoscritti al frontespizio. Alcune glosse manoscritte di mano seicentesta. Alla c. 2c(v) una grande xilografia (23,5 cm x 19 cm) raffigura in modo superbo l' Arbor Consanguinitatis ed alla c. 2c2(r) l' Arbor Affinitatis. Un piccolo innesto all' angolo inferiore esterno del front. ed un modesto segno di gora all' angolo esterno inferiore di poche carte centrali. Peraltro esemplare stampato su carta forte in stato di conservazione generale molto buono.
Interessante e rara edizione ancora completamente incunabula, impressa all' interno dell' Università di Torino nel temporaneo laboratorio tipografico, espressamente voluto da Carlo II di Savoia, dal prototipografo itinerante Nicolaus De Benedictis, erroneamente identificato in passato, come membro della famiglia bolognese dei Benedetti, ma in realtà spagnolo e catalano di origine che lavorò a Torino in due momenti diversi, intorno alla fine del '400 e poi tra il 1516-1519, divisi da una decina d' anni in cui soggiornò invece a Lione. Quest' opera è la seconda, ma la più imponente ed elegante, stampata subito dopo il periodo trascorso a Lione e proprio in essa il tipografo sembra voler dar prova magistrale al Duca di tutta la sua tecnica migliore, raffinata nel corso degli anni esteri ma anche mostrare, con buona probabilità, nuovi caratteri umanistici di corpo assai più elegante, utilizzati sia nel testo che nei grandi capolettera, rispetto alle edizioni torinesi precedenti, entrati in suo possesso a Lione e facilmente provenienti dall' area tedesca. Dopo il ritorno a Torino operò assai poco poiché morirà intorno al 1519, anche se la data come il luogo di sepoltura non sono certi.
Bibliografia: F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze 1951, pp. 101, 102; Vernazza di Frenay, Diz. dei tipografi, Torino 1959, p. 25; V. Scholderer, Catalogue of books printed in the XV Cent. now in the British Museum, V, London 1924, p. 333; VII, ibid. 1935. pp. LXV, 1056; VIII, ibid. 1949, pp. LXIV, 322; P. Kristeller, Die italienischen Buchdrucker und Verlegerzeschen bis 1525, Strassburg 1893, p. 6 (n. 172-173); USTC, 802142.