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Turin, au palais de l’ Academie par Vincent Bianco, 1811. In-8° (17,4 cm x 11,6 cm). Pp. (8), 524. Segnatura: [p]4, a-t8, v10. Bella legatura coeva in piena pelle nocciola, autore e titolo dorati su tassello sul dorso riccamente ornato da fregi neoclassici. Pagine con una uniforme e lieve ossidazione delle pp. dovuta al tipo di carta, peraltro esemplare in stato di conservazione molto buono.
Prima rara edizione di quest’ opera del filosofo e letterato torinese che spiccò anche in scienza, matematica, fisica, astronomia. “Quasi una figura di periodo rinascimentale, intento a fare della matematica un mezzo per dare solido fondamento alle sue idee filosofiche”. Il suo pensiero oscilla perennemente tra spiritualismo e materialismo, tipico il suo concetto di volontà: un esempio dei grandi nodi problematici dell’ epoca. Sostenne una netta separazione tra le verità di ragione e le verità di fatto, opponendosi tuttavia agli aspetti soggettivistici del criticismo. Sostiene che i poteri della ragione siano limitati dalla coscienza, questo però non lo porta a meditare sul fatto che la felicità possa essere disgiunta dalla ragione, egli infatti, se da un lato ammette che anche il più saggio tra gli uomini è vittima della sofferenza. non arriva a constatare, come avevano fatto, per esempio, Diderot e Voltaire, che spesso nella vita reale gli uomini privi di ragione e di virtù sono felici. L’ abate era convinto che i sentimenti estremi causassero soltanto sofferenza, senza però invitare certo ad anestetizzare gli affetti, anzi pensava che non vi fosse nulla di peggio che una vita senza passioni ed emozioni.
Bibliografia: Biancardi-Francese, Prime edizioni di scrittori italiani, p. 444; Enciclopedia Cattolica, 1954, XII, p. 1005; Ersch, p. 168; Michaud, p. 410;A. Rosmini, Trattato della coscienza morale, 1844, p. 291.