#dentisrarebooks
€0.00 (In Stock)
Trieste, Alut, (Roma, Istituto Grafico Tiberino), 1968. In-8° (21,5 cm x 18 cm). Pp. (12), con 1 acquaforte di Maccari a p.p. in antiporta. Raffinata cartonatura editoriale con sovracoperta a colori. Frontespizio stampato in rosso e nero. Firma autografa di Caproni in calce al colophon. Esemplare in ottimo stato di conservazione.
Prima rara edizione a tiratura limitata di 190 esemplari (il nostro n° XIX) completo della rarissima acquaforte originale di Mino Maccari prevista per il volume firmata e numerata a mano dall’ artista. Giorgio Caproni è stato un poeta tra i meno noti nel panorama novecentesco, la cui figura è però di assoluta importanza facendone “il poeta del sole, della luce e del mare”. Una vocazione precoce per la poesia, scandita per cinquanta anni sul filo d’ una posizione appartata ma risentita, di là dalle mode e dal volgere turbinoso degli anni, è certo una delle cifre caratterizzanti dell’ arte di Giorgio Caproni. Negli anni dell’ Ermetismo, la sua poesia si ritaglia uno spazio autonomo, il cui primo referente sono piuttosto Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (uno degli autori alle origini della poesia moderna in Italia) e «gli altri ribelli apuani» , lungo quella grande tradizione ligure che lui stesso avrebbe contribuito a disegnare, non senza polemiche, sul piano critico. Nella sua poesia Caproni non prende solo le distanze dell’ Ermetismo che proprio in quegli anni stava avendo un ruolo di primo piano nella poesia italiana, ma si discosta anche da giganti solitari come Ungaretti o Montale. Alcuni critici propendono semmai per una vicinanza a Saba o a Gatto, ma la verità è che Caproni trova presto la via di una sua originale poetica. E’ il poeta stesso, in un continuo ed illuminante intersecarsi di produzione poetica e meditazione critica ed autoriflessione su di ad indicare i Leitmotiv fondamentali della sua poesia: «All’ origine dei miei versi […] direi che c’è la giovinezza e il gusto quasi fisico della vita, ombreggiata da un vivo senso della labilità delle cose, della loro fuggevolezza: coup de cloche, come dicono i francesi, o continuo avverti mento della presenza, in tutto, della morte. Sono versi un poco “macchiaioli”, che risentono molto del mio soggiorno, da bambino, nelle campagne fra Pisa e Livorno, in casa di un certo Cecco, allevatore e domatore di cavalli.» . Nella poesia “Palo”, la “nebbia” diviene simbolo della difficoltà ermeneutica: un ostacolo alla conoscenza. Nebbia come elemento che nasconde avvolgendo. Il componimento si apre con la tematica della “partenza” del “viaggio”, “sempre” indica una condizione che si ripete: quella del viaggio e quella della nebbia. Le parentesi segnalano una sospensione del tempo di lettura in cui si focalizza l’ attenzione sul mezzo: il treno; “vaporose” (che fanno vapore) sono le “locomotive nere” (con la contrapposizione vapore chiaro e colore nero, scuro).